I fratelli Mazzella espongono al Pan

I fratelli Mazzella espongono al Pan

Un piccolo giallo apre la mostra dei fratelli Mazzella al Pan. All’ingresso delle sale che ospitano le tele di Rosario, le sculture di Luigi e i cementi di Elio campeggia un cartello con una frase incomprensibile ai più: “Pisciotta, l’incanto di un’immagine a lungo sognata”. Ma l’enigma è presto risolto: la frase fu pronunciata alla vista di Pisciotta da Palma Bucarelli, la storica direttrice della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma dal 1942 al 1975, che fu amica di famiglia dei Mazzella e consigliera dei tre artisti partenopei. A lei, questa estate, Rosario, Luigi ed Elio hanno dedicato una splendida mostra nel Palazzo Marchesale di Pisciotta, ma non contenti, le hanno dedicato anche l’esposizione al Pan. Di seguito, riportiamo la critica dell’evento scritta da Antonio Grieco, che con linguaggio semplice, da vero divulgatore, ha saputo raccontare le emozioni che le opere dei tre fratelli suscitano in chi le ammira.


di Antonio Grieco

Una delle tele di Rosario Mazzella

Una delle tele di Rosario Mazzella

La mostra dei fratelli Rosario, Luigi ed Elio Mazzella che si è inaugurata in questi giorni al Pan, si segnala come uno degli eventi artistici più interessanti che si sono tenuti a Napoli negli ultimi anni. Il motivo di un tale interesse risiede sia nella storia di questa famiglia di artisti che è parte viva della nostra città, sia nell’osservazione che – pur considerando i loro diversi percorsi di ricerca – la loro attività creativa fa in qualche modo pensare ad un comune sentire; talvolta, ad una traccia sotterranea che attraversa le loro opere realizzate con una rara conoscenza di tecniche tradizionali e d’avanguardia.

In questo senso, la mostra al Palazzo delle Arti di Napoli ci offre la possibilità di riflettere sulla loro complessa esperienza estetica, cogliendone, certo, le differenze, ma avendo ben presente che la loro arte – come acutamente osservò Giulio Carlo Argan – affonda pur sempre le radici nella luce e nei colori del Mediterraneo.

La Mostra dei Mazzella al Pan

La Mostra dei Mazzella al Pan

Rosario, che è il più anziano dei fratelli, presenta qui una serie di opere ispirate all’Isis, a cui ha dato il titolo “Nel sentiero notturno del dolore”; si tratta di una ricerca che viene da lontano, dalla sensibilità dell’artista, maturata nel corso degli anni, ad indagare, attraverso la pittura, il conflitto tra l’uomo e il Potere, tra l’individuo e la Storia. In queste opere egli si interroga non solo sulle atrocità di uomini votati al martirio sotto il nome di Allah, ma anche sulle responsabilità del mondo occidentale che nell’arco dei secoli ha portato in queste aree del mondo sottosviluppate solo povertà, disuguaglianze, oppressione e fame. Ciò che sorprende in Rosario è il modo con cui egli dà corpo ai fantasmi della storia. Realizzati su tela di juta, i suoi dipinti sono attraversati da una febbrile tensione poetica; da ombre inquietanti, da buio e bagliori improvvisi che avvolgono i corpi in una macabra e raccapricciante rappresentazione; l’accensione cromatica delle sue opere rinvia certo all’Espressionismo, ma fa anche pensare alla pittura napoletana del Seicento e, talvolta – nella corporeità disfatta di uomini e donne – anche ad un artista come Francio Bacon.

Una delle sculture di Luigi Mazzella

Una delle sculture di Luigi Mazzella

Nella pittura di Rosario Mazzella colpiscono la profondità dello sguardo, l’inquietudine esistenziale che spinge l’artista a ricordare (in un testo pubblicato nel catalogo che accompagna la mostra) Federico II di Svevia come simbolo di fraternità e di pace. L’arte del maggiore dei Mazzella sembra identificarsi con l’Essere, con l’idea che solo l’attività creativa può permetterci di salvarci dalla barbarie, riconquistando con il sentimento più vero della nostra vita, le emozioni e l’innocenza di uno sguardo che in un tempo dominato dalla violenza e dai falsi miti del consumismo sembrano irrimediabilmente perdute.

La scultura di Luigi Mazzella, invece, è soffio di vita che genera vita; un’energia che sale dal basso, dal magma vulcanico della nostra terra, e allude al divenire del mondo, al suo fluire, all’eterna mutazione di tutte le cose. Di qui la leggerezza delle sue opere che al Pan si dispongono nello spazio con sorprendente naturalezza, dando quasi la sensazione che l’artista ne abbia alleggerito la materia con un solo, improvviso movimento interno capace di liberare forme sempre più imprevedibili e immaginifiche.

La Mostra dei Mazzella al Pan

La Mostra dei Mazzella al Pan

La ricerca di Luigi – che è uno degli ultimi veri scultori italiani – è nient’altro che poesia dello sguardo. Uno sguardo capace di dialogare sia con la grande scultura del Novecento – soprattutto Moore e Boccioni – che, nella plastica più elementare e chiusa, col modellato del suo mai dimenticato maestro Ennio Tomai, protagonista dell’arte napoletana dello scorso secolo. In questa mostra mancano i piombi – che rappresentano un punto fermo di tutta la sua produzione artistica –, ma anche nei preziosi bronzi qui esposti si avverte tutta la sua straordinaria abilità nel creare una scultura sospesa tra invenzione e coscienza, tra riflessività dell’arte e desiderio di infrangere l’ultimo diaframma che separa l’arte dalla vita.

Elio, il più giovane dei fratelli, ha intitolato “Dialoghi col cemento” le opere che ha scelto per gli spazi del Palazzo delle Arti di Napoli. Come gli altri fratelli, anch’egli è un instancabile sperimentatore di nuovi linguaggi espressivi; un artista sempre attento a mantenere la sua ricerca in un’area dinamica di confine tra pittura, scultura, architettura.

I cementi Elio Mazzella

I cementi Elio Mazzella

Iniziata negli anni Settanta, la tensione sperimentale di Elio Mazzella non si è mai arrestata e il discorso sui cementi – che nel tempo si è sviluppato in senso analitico intorno al tema del rapporto tra immagine e ambiente – dà sempre più l’idea di un corpo a corpo con la materia. In questo incontro scontro con la materia, Elio mostra tutto ciò che si cela oltre la realtà fenomenica: rende visibile l’invisibile, per dirla con Klee; ne sono un esempio quei solchi incisi nei cementi che attraversano, come luminose linee di fuga, da parte a parte la sua pittura, per finire in territori primordiali dove si scorgono appena tracce di vita, tenui macchie di colore, tessere di mosaici, plaghe deserte come improvvisi silenzi del cosmo.

I fratelli Mazzella con Palma Bucarelli in una foto degli Anni Settanta

I fratelli Mazzella con Palma Bucarelli in una foto degli Anni Settanta

Un universo di segni magici allusivi dell’assenza e del vuoto. I cementi di Elio sono vita che scorre, divenire, perché la materia informe della sua pittura non delimita spazi, frontiere, territori, ma è spazio mentale che c’invita ad incontrare l’altrove, a non piegarci alla mimesi, a riscoprire nell’ignoto il senso più intimo della nostra esistenza.

Qualsiasi forma di soggettività, ci ricorda Bergson, è legata alla nostra memoria. E l’informale di Elio Mazzella è appunto “Materia-Memoria”, gesto, sguardo altro che nasconde brani di una comune storia sepolta. Così, nella sua ricerca ogni cosa chiede solo di essere rivelata e svelata. “Privi di significazione oggettiva – scrive la scrittrice Maria Roccasalva nel testo in catalogo – quei solchi nel cemento si avvolgono nel mistero; non interrogano la vita, sono zolle che domandano di essere fecondate dalla nostra immaginazione”.

Ecco perché abbiamo sempre pensato ad Elio Mazzella come ad un poeta della materia o – come scrive oggi la scrittrice napoletana – come ad un poeta del cemento la cui arte è un imperioso desiderio di conquista.

 

 

 

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