In un’opera “clandestina” la vera storia del Sud

In un’opera “clandestina” la vera storia del Sud

Giacinto De Sivo

Giacinto De Sivo

Quando il 14 settembre del 1860 una brigata garibaldina entrò in Maddaloni e gli chiese di andare a rendere omaggio al liberatore Garibaldi a Napoli, non tentennò di un centimetro: il suo rifiuto fu netto. Anche al costo di essere condotto in carcere, come poi avvenne. A differenza di altri letterati, che in situazioni simili – come la storia insegna – non esitarono a cambiar casacca col nuovo governo,Giacinto de’ Sivo, scrittore e storico napoletano, non si sottomise agli invasori-conquistatori venuti dal Nord. Fin dalle prime ore, scelse la strada del coraggio e del rifiuto. Passò al bosco. Ribelle per fede e convinzione, polemista indomito, combatté il nemico con l’arma a lui più congeniale: la penna. Ma ben presto dovette fare i conti con la repressione e la censura somministrate con cinismo dal regime piemontese. I cinque volumi della sua monumentale opera, Storia delle Due Siciliedal 1847 al 1861, scritti negli anni successivi all’Unità d’Italia, furono pubblicati in condizioni di semiclandestinità lontano da Napoli. I primi due a Roma (1863 e 1864), gli altri a Verona (1865), a Viterbo e Pompei (1867). Un percorso irto di ostacoli, problemi, paure, tanto che lo stesso de’ Sivo poté dire: “Se dovessi raccontare la storia di questa Storia!…” Basti pensare che il governo borbonico in esilio, che aveva incaricato lo scrittore napoletano di scrivere proprio una “Storia delle Due Sicilie”, non appena fu a conoscenza dei primi capitoli, ritrasse il suo appoggio, temendo “la violenza delle dottrine” dell’autore. L’opera, che racconta con dovizia di particolari e lucida analisi i fatti accaduti negli ultimi anni del Regno delle Due Sicilie, è ancora oggi un riferimento imprescindibile per chi voglia studiare quel periodo, nonostante la damnatio memoriae operata dalla storiografia ufficiale. Se fosse stata pubblicata a Napoli – anche se, si sussurra, fu data clandestinamente alle stampe proprio in una tipografia napoletana – Giacinto de’ Sivo sarebbe stato sicuramente arrestato dalla polizia del regime sabaudo. Cosa che si era verificata già in precedenza, nel 1861, in occasione della pubblicazione de La Tragicommedia, giornale legittimista da lui diretto, soppresso al terzo numero. Giacinto de’ Sivo era nato a Maddaloni, nel Casertano, il 29 novembre del 1814. Compì gli studi a Napoli, dove frequentò la scuola di Basilio Puoti, maestro della lingua italiana, che ebbe tra suoi allievi ancheLuigi Settembrini e Francesco De Sanctis. Scrisse otto tragedie e un romanzo storico, Corrado Capece (1847), considerato il migliore romanzo storico di quell’epoca dopo I Promessi Sposi. Ma la sua attività letteraria subì un’accelerazione subito dopo l’Unità d’Italia. Nel 1861 pubblicò L’Italia e il suo dramma politico nel 1861 e I Napolitani al cospetto delle nazioni civili; poi, negli anni successivi, la Storia delle Due Sicilie. Morì a Roma il 19 novembre del 1867. Nonostante Giacinto de’ Sivo sia ancora oggi censurato, messo all’indice, i napoletani non immemori ne trasmettono l’insegnamento e il messaggio. Al punto che la casa editrice Controcorrente pubblicherà prossimamente la Storia delle Due Sicilie integralmente, in cinque volumi, e senza manomettere il vivace e preciso linguaggio che documentava la verità dei fatti e degli uomini e controbatteva tutte le menzogne che incominciavano ad allignare. Mauro Finocchito Pubblicato il 21 settembre 2013 – Rubrica: RecensioniStoria

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