L’oro di Napoli è ancora verità

L’oro di Napoli è ancora verità

Napoli dal mare

Napoli dal mare

Vittorio Sgarbi parla di Napoli e della valorizzazione della cultura per una rinascita fondata sulla qualità: “La città ai piedi del Vesuvio ce la può ancora fare, basta che si muova in fretta e che cambi passo velocemente nel segno della sua incommensurabile storia”.  Ecco, in sintesi, il pensiero del più famoso critico d’arte italiano che, in questa intervista a “Partenope Ieri, Oggi e Domani”, con il suo stile fendente, critica l’attuale e le precedenti amministrazioni napoletane, fornendo al tempo stesso anche alcuni modelli (uno anche a pochi chilometri di distanza) che il capoluogo campano potrebbe seguire per risalire la china. Una rinascita a partire proprio dalla cultura, quella parola così tanto osannata che se ben veicolata può essere volano di crescita del turismo e aumento della brand awareness di Napoli nel mondo. E se lo dice Sgarbi, che di arte – ça va sans dire – se ne intende, come non ascoltarlo. Anche perché, oltretutto, con l’immobilismo, si rischierebbe di sentirsi definire dal critico con l’appellativo a lui più caro: “capre”.

Vittorio, una volta Napoli si contendeva con Parigi il ruolo di centro culturale europeo. Oggi?

Napoli non dà segnali di vita, è un corpo morto. Un aneddoto singolare denota l’attuale decadenza: nel 1941 la madre del maestro Riccardo Muti scelse da Molfetta, dove viveva, di farlo nascere a Napoli per poter dire che il figlio aveva avuto i natali in città, un simbolo di orgoglio. Oggi, 70 anni dopo nessuno si sognerebbe da una piccola comunità di andare a partorire a Napoli, anzi.

Vuol dire che Napoli è spacciata e siamo sul punto del non ritorno?

Non è detto, basta che gli investimenti non siano sul fotovoltaico e sulle pale eoliche, che trovo orribili, ma sulla cultura. La materia prima c’è, basterebbe renderla attraente. Ci sono molti luoghi fantastici che non vengono visitati e quindi poi rischiano l’oblio perché non sono comunicati per niente o nel modo giusto.

Un esempio?

L’area di Pompei oltre a non essere conservata come dovrebbe non è strutturata per dare un’accoglienza che vada oltre una sosta di poche ore.

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Vittorio Sgarbi

Una tua ricetta per Napoli?

Artisticamente parlando, andrebbe valorizzata la vitalità meticcia di Napoli. Alla fine degli Anni Settanta il famoso gallerista Lucio Amelio rese protagonista l’arte contemporanea a Napoli grazie a delle sinergie che la inserirono in un circuito internazionale. Basterebbero dieci persone con la sua forza, invece ci sono casi come il museo Madre, una sorta di frigorifero di questo tipo di arte.

Cioè?

É semplice, si è parlato di più del corno di Lello Esposito davanti alla reggia di Caserta che delle attività del Madre in quasi dieci anni. A livello contemporaneo Casoria fa di più di Napoli e il Madre non riesce a farsi sentire oltre Casoria.

Sei stato sindaco di Salemi. Ti candideresti per Napoli?

Napoli è comunque una città difficile, ma se i politici locali non avessero la paura di affidarsi a me saprei come gestirla.

Quindi?

Non farei mai il sindaco di Napoli, ci vuole molta concentrazione e io devo anche dedicarmi ad altri progetti. I troppi anni di cattivo governo e i ripetuti fallimenti della politica, richiedono una misura forte di attrazione per ricominciare. Non ho in questo momento una soluzione perché non mi sono applicato alla materia, ma non è una situazione irrimediabile. Direi che Napoli è in questo stato a causa della incapacità dei politici e al protagonismo dei magistrati, situazioni che trovano in Luigi De Magistrisla perfetta incarnazione.

Un esempio, nel tuo ambito, di scelte sbagliate fatte dall’attuale primo cittadino?

L’idea di fare un Forum delle culture con la presidenza a Roberto Vecchioni, che poi il cantautore ha lasciato anzitempo. Basterebbe, prima di pensare a cose nuove di dubbia qualità, fermarsi a ragionare per portare alla ribalta ciò che la città ha già.

A quale modello italiano si dovrebbe rifare Napoli per provare a emergere?

A mio avviso la città metropolitana che ha avuto migliore performance negli ultimi anni è Torino, un risultato soddisfacente che l’ha trasformata da luogo dormitorio ai tempi della Fiat, ad area più viva, più pulsante. Stessa cosa non si può di certo dire per Venezia o Milano.

E all’estero?

Berlino è venuta fuori da una situazione peggiore di quella di Napoli, una capitale uscita da una profonda divisione in due, ma li c’era entusiasmo non una sempre maggiore perdita di speranza come sta accadendo nei napoletani.

Secondo te esiste un modello per Napoli in Campania?

Guarda, di primo acchito me ne vengono almeno due. Il primo è rappresentato da Cava dè Tirreni, dove un sindaco non noto ha rimesso in ordine un sacco di cose, la città ora vive di notte e sono stati riabilitati molti edifici. E poi Salerno, con Vincenzo De Luca che ha saputo imprimere una svolta alla città, rianimando il suo centro. Ecco, servono persone che sanno osare come lui, Salerno ha rialzato la testa in virtù di qualcuno che si è mosso. Anche lui sarà di certo al centro di polemiche, ma se appena qualcuno si muove gli vengono tarpate le ali, non si va da nessuna parte. E poi una cosa è certa: a Salerno si vive meglio che a Napoli e comunque non mi pare proprio che in quest’ultima ci sia nell’aria una volontà di riscatto.

 

 

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